L’importanza della respirazione: il Diaframma

Il diaframma oltre a essere una bistecca davvero buona (non me ne vogliano i veg :)) è assieme al cuore l’unico muscolo essenziale per la vita!

Infatti, è il muscolo che ci permette di respirare, lo troviamo all’altezza della bocca dello stomaco ed è formato da due grosse cupole (dx e sn), che quando inspiriamo contraendosi scendono, comprimendo i visceri addominali che ad un certo punto non potendo più scendere gonfieranno la pancia, e quando espiriamo risalgono e la pancia tornerà ad appiattirsi.

Abbiamo principalmente tre tipi di respirazione:

1) diaframmatica: respirazione da relax, dove lavora principalmente il diaframma

2) Secondaria o accessoria: tipica degli stati di ansia e stress, dove lavore il diaframma ma soprattutto spalle e cervicali (i cosiddetti muscoli respiratori accessori)

3) Completa: respirazione tipica dell’attività fisica, quando mi serve il massimo quantitativo di ossigeno, dove diaframma e muscoli accessori lavorano al massimo

La maggior parte delle persone che entra in studio respira molto più di spalle di quanto dovrebbe, avete presente la tipica postura con le spalle chiuse e sollevate? Questo può un sovraccarico in zona cervicale/spalle!

Perché accade questo?

Il nostro corpo ha tutte le armi necessarie per gestire enormi stress, in particolare stress brevi e intensi, come situazioni in cui ci si deve salvare la vita (in un combattimento o in una fuga, ad esempio, sentiamo molto meno la fatica e il dolore), questo perché viene attivato vigorosamente il sistema ortosimpatico (fight or flight! Combatti o fuggi). In questo caso la respirazione accessoria è necessaria, per avere quanto più ossigeno a disposizione dei muscoli. Finita la situazione di pericolo, il nostro sistema si rilassa, riprendiamo una respirazione diaframmatica naturale e produciamo ormoni del buon umore. Ai tempi dell’uomo cacciatore-raccoglitore accadeva dopo la caccia, oggi avviene dopo l’attività fisica ad esempio.

Pensate alla vita dei giorni nostri, caratterizzata da ritmi frenetici, mille impulsi, notizie e informazioni che causano ansia e stress, non così intensi, ma molto più continui e persistenti, questo oltre a uno squilibrio ormonale in favore dell’ormone dello stress (cortisolo) porta a una respirazione simile alle situazioni di pericolo, con un overuse della respirazione accessoria. 

Non a caso molte persone che soffrono di cervicalgia o algia alle spalle non sono in grado di utilizzare bene il diaframma e in questi casi consigliamo come prima cosa di fare un esercizio di respirazione diaframmatica.

Ecco un esercizio per imparare a respirare di diaframma!

3 buoni motivi per farlo tutti i giorni:

1) Effetto allenante: se lo fai in maniera corretta imparerai ad usarlo, e senza accorgerti lo coinvolgerai di più durante la giornata, alleggerendo il carico da spalle/cervicale (respirazione accessoria)

2) Effetto drenante: la respirazione diaframmatica profonda favorisce il drenaggio dei fluidi corporei, in particolare venosi e linfatici che restano stagnanti a livello addominale e degli arti inferiori, oltre a stimolare l’attività viscerale (in particolare fegato e intestino)

3) Effetto Mindfulness: concentrati solo ed esclusivamente sulla respirazione e sulle spalle, che devono stare completamente rilassate, non pensare ad altro! Questo favorirà rilassamento e benessere

Quando e quanto farlo?

la sera prima di andare a dormire per 10-15 minuti; 20-40 respirazioni profonde + 5-10 minuti respirazioni naturali

Ricordati di respirare!

Dolore cronico: come la fisioterapia può aiutarti a ritrovare la tua vita

Il dolore cronico è un problema di salute diffuso che affligge milioni di persone in tutto il mondo. Questo tipo di dolore, che persiste per più di tre mesi, può avere un impatto devastante sulla qualità della vita dei pazienti. La fisioterapia svolge un ruolo fondamentale nella gestione del dolore cronico, offrendo strategie efficaci per alleviare il disagio e migliorare la funzionalità. In questo articolo, esploreremo l’importanza della fisioterapia nel trattamento del dolore cronico e le diverse strategie utilizzate per affrontarlo con successo.

Comprendere il Dolore Cronico

Il dolore cronico è una condizione complessa che può essere causata da una varietà di fattori, tra cui lesioni passate, condizioni mediche, stress emotivo e persino fattori genetici. Questo tipo di dolore può influenzare diverse parti del corpo, tra cui le spalle, il collo, la schiena, le articolazioni e i muscoli. È importante notare che il dolore cronico non è solo una sensazione fisica, ma può anche avere un impatto significativo sulla salute mentale, causando ansia e depressione.

La prima cosa che il paziente deve capire è che il dolore può essere reversibile. La parola “cronico” spesso è inappropriata, la parola probabilmente più idonea a descrivere questo tipo di dolore che si prolunga oltre 3 mesi è “Persistente” ovvero un dolore più durevole rispetto alla possibile lesione/danno dal quale è partito il dolore, che solitamente non passa non per la mancata guarigione dei tessuti, ma perché il sistema nervoso si è abituato al dolore, e la trascrizione di questo messaggio a livello di sistema nervoso centrale diventa effettiva. Questo fenomeno si chiama “Sensibilizzazione centrale”. Come potete capire a situazione difficile la risposta al vostro problema NON può essere semplice, chiunque vi parli di un trattamento miracoloso per risolvere in breve tempo il vostro problema vi sta vendendo fumo, potrete sentirvi meglio grazie all’effetto placebo, ma una soluzione permanente a un problema di questo tipo prevede una modifica delle proprie abitudini, e i risultati ottenuti giorno per giorno saranno nel tempo più durevoli. Da più tempo si soffre di questo tipo di dolore e più tempo ci vorrà per ottenere risultati, in quanto il segnale trascritto a livello cerebrale sarà più profondo quanto più prolungata la sofferenza.

Il Ruolo Chiave della Fisioterapia

La fisioterapia svolge un ruolo cruciale nella gestione del dolore cronico. Gli obiettivi principali del trattamento fisioterapico includono:

  1. Alleviare il Dolore: I fisioterapisti utilizzano una varietà di tecniche, tra cui esercizio terapeutico, composto soprattutto da mobilità attiva e rinforzo muscolare, e terapia manuale, tramite tecniche di manipolazione diretta (HVLA) e tecniche fasciali
  2. Migliorare la Funzionalità: L’obiettivo è aiutare i pazienti a recuperare la massima funzionalità possibile. Questo può includere la ripresa delle attività quotidiane, del lavoro o dello sport. La guarigione dal dolore cronico NON passa dal riposo, anche lo stretching troppo passivo e statico non è molto efficacie in caso di dolore cronico, al ripresa delle proprie attività o di una nuova attività fisica funge da rinforzo positivo per il paziente, che acquisisce sicurezza in sé stesso, migliorando il proprio quadro biopsicosociale.
  3. Educazione del Paziente: I fisioterapisti forniscono informazioni ai pazienti sulle cause del loro dolore e su come gestirlo. L’educazione è fondamentale per l’auto-gestione del dolore cronico. Come modificare le proprie abitudini posturali a lavoro è solo un esempio, anche consigli su come dormire di più meglio contribuiscono a migliorare la percezione del dolore, la privazione di sonno è uno dei principali fattori di sensibilizzazione al dolore. L’educazione passa anche e soprattutto dal linguaggio che si usa, spesso il personale sanitario utilizza dei termini che producono un effetto nocebo (in futuro parleremo anche di questo, per ora limitiamoci a sapere che è il contrario di placebo) sui nostri pazienti; una tra le frasi più pericolose che vengono dette è: “la sua schiena sembra quella di un anziano” detta a una persona giovane, oppure “eviti di sollevare carichi”, facendo credere al paziente che la propria colonna sia fragile, quando così non è. Anche le parole “Dolore Cronico” possono rappresentare un rinforzo negativo per le persone, soprattutto se non contestualizzate.

Strategie di Trattamento

Ecco alcune delle strategie comuni utilizzate dai fisioterapisti per affrontare il dolore cronico:

  1. Esercizio Terapeutico: L’esercizio mirato è spesso una parte centrale del programma di fisioterapia per il dolore cronico. Gli esercizi aiutano a rafforzare i muscoli, migliorare la flessibilità e ridurre la tensione.
  2. Terapia Manuale: Questa tecnica coinvolge la manipolazione delle articolazioni e dei tessuti molli per migliorare la mobilità e ridurre il dolore.
  3. Biofeedback: Questa tecnica insegna ai pazienti a controllare le loro funzioni corporee, come la tensione muscolare o la frequenza cardiaca, per ridurre il dolore cronico.
  4. Educazione sul Comportamento: I fisioterapisti insegnano ai pazienti tecniche di gestione dello stress, come la respirazione profonda e la meditazione, che possono aiutare a ridurre il dolore associato allo stress.

Conclusioni

La fisioterapia è un elemento chiave nella gestione del dolore cronico. I fisioterapisti lavorano in collaborazione con i pazienti per sviluppare programmi di trattamento personalizzati che mirano a ridurre il dolore, migliorare la funzionalità e aumentare la qualità della vita. Affrontare il dolore cronico richiede tempo, impegno e pazienza, ma con il supporto di un fisioterapista esperto, i pazienti possono sperare di trovare sollievo e ritrovare il benessere. Se stai lottando contro il dolore cronico, consulta un fisioterapista per una valutazione e un piano di trattamento mirato. La tua strada verso una vita più sana e senza dolore può iniziare oggi.

Dolore Cronico: Una Prospettiva Biopsicosociale sulla Sofferenza Prolungata

Introduzione

Il dolore cronico è una sfida persistente che affligge milioni di persone in tutto il mondo, influendo significativamente sulla loro qualità di vita e benessere. Per comprendere appieno il fenomeno del dolore cronico, è essenziale adottare un’approccio biopsicosociale, che considera l’interazione complessa di fattori biologici, psicologici e sociali che possono prolungare la cronicità del dolore.

La Crisi del Dolore Cronico

Il dolore cronico è definito come una condizione che persiste per più di tre mesi ed è spesso associato a una varietà di cause, tra cui lesioni, malattie croniche, fattori genetici e altro ancora. Tuttavia, ciò che rende il dolore cronico particolarmente debilitante è il suo impatto sulla vita quotidiana e sul benessere generale.

Siamo convinti, soprattutto per informazioni derivanti da luoghi comuni, dal passato e spesso ai corsi per la sicurezza sul lavoro (importanti, ma carenti di informazioni aggiornate a livello scientifico), che la causa dei dolori non traumatici e/o persistenti, sia meramente meccanica-biologica, quando ormai sappiamo che le cause meccaniche sono meno del 50% del totale (ne abbiamo parlato bene qui https://fisiolario.net/2021/02/13/smart-working-come-contrastare-la-nuova-ondata-di-sedentarieta/ ); la fetta più grande della torta è rappresentata dai fattori di contesto (quello che viene chiamato “stress” ma che è molto più complesso di così), da qui nasce il modello Biopsicosociale, che vediamo in dettaglio.

Fattori Biologici nel Dolore Cronico

Il primo pilastro del modello biopsicosociale del dolore cronico è rappresentato dai fattori biologici. Questi includono cambiamenti neurologici, infiammazione, lesioni dei tessuti e patologie sottostanti. Quando il corpo subisce danni o è afflitto da malattie, possono verificarsi alterazioni nei sistemi nervosi e endocrini, contribuendo al dolore persistente.

Fattori Psicologici nel Dolore Cronico

I fattori psicologici giocano un ruolo significativo nella cronicità del dolore. L’ansia, la depressione, lo stress e le esperienze passate possono amplificare la percezione del dolore. Inoltre, la gestione delle emozioni e delle aspettative può influire sulla tolleranza al dolore.

Fattori Sociali e Ambientali nel Dolore Cronico

Il terzo pilastro del modello biopsicosociale del dolore cronico riguarda i fattori sociali e ambientali. Il contesto in cui vive una persona, il supporto sociale e le dinamiche familiari possono influenzare la percezione del dolore e la capacità di farvi fronte. L’accessibilità ai servizi medici e alle risorse finanziarie può anche influire sulla gestione del dolore cronico.

La Sindrome dell’Evitamento e il Ciclo del Dolore

Un aspetto critico nel mantenimento del dolore cronico è la sindrome dell’evitamento. I pazienti spesso cercano di evitare le attività che causano loro dolore, creando un ciclo di deterioramento fisico e psicologico. Questo comportamento può peggiorare la cronicità del dolore, rendendo cruciale l’identificazione e la gestione di questo ciclo distruttivo.

Affrontare il Dolore Cronico: Un Approccio Integrato

Per affrontare efficacemente il dolore cronico, è necessario un approccio integrato che consideri tutti e tre i pilastri del modello biopsicosociale. Questo può includere:

  1. Terapia Fisica: Il trattamento fisioterapico e l’esercizio terapeutico possono aiutare a migliorare la funzionalità fisica e ridurre il dolore biologico.
  2. Supporto Psicologico: La terapia cognitivo-comportamentale (CBT) e altre forme di supporto psicologico possono aiutare a gestire l’ansia e la depressione associate al dolore cronico.
  3. Supporto Sociale: Coinvolgere amici e familiari può fornire un supporto prezioso per affrontare il dolore cronico. Gruppi di supporto possono essere un’opzione utile.
  4. Farmaci: In alcuni casi, possono essere necessari farmaci per gestire il dolore e l’infiammazione.
  5. Educazione del Paziente: Informare i pazienti sulle cause e i meccanismi del dolore cronico è fondamentale per l’auto-gestione.

Conclusioni

Il dolore cronico è una sfida complessa che richiede un approccio comprensivo. Abbracciare il modello biopsicosociale ci permette di considerare l’intera persona e tutte le variabili che contribuiscono alla cronicità del dolore. Il trattamento del dolore cronico dovrebbe essere personalizzato, mirando a migliorare la funzionalità e la qualità della vita, riducendo al minimo l’impatto fisico, psicologico e sociale. L’obiettivo finale è consentire ai pazienti di vivere una vita soddisfacente nonostante la sfida del dolore cronico.

Nel prossimo articolo vedremo come la fisioterapia interviene nei pazienti che soffrono di dolore cronico, e perché è la scelta migliore.

ESERCIZI DI RINFORZO CERVICALE

🦒La mobilità cervicale per la cura e la prevenzione delle problematiche della regione del collo è molto importante, ma quanti pensano anche a rinforzare i muscoli del collo?

🥊La muscolatura del collo è soggetta a continue sollecitazioni, in chi fa attività fisica ma anche nella vita quotidiana, basti pensare alla rigidità del trapezio dovuta tra le altre cose a fattori di stress; aumentare quindi la capacità di carico di questi muscoli è essenziale! 🏋🏼‍♀️

🧑🏻‍⚕️Di seguito una batteria di esercizi contro gravità per rinforzare il collo, esegui due serie per ogni esercizio 1 o 2 volte a settimana, parti da 8 ripetizioni ed arriva fino a un massimo di 12-15 per un collo d’acciaio e dimenticati di cervicalgia e mal di testa!

#cervicalgia #fisioterapia #fitness #malditesta #neckpain #rehab

Video degli esercizi

Esercizi di mobilità cervicale

Di seguito il video per gli esercizi BASE, ideali per ogni fase del trattamento per problematiche legate alla cervicale. Segui le indicazioni del video, non effettuare i movimenti troppo lentamente, come spesso è stato insegnato, se non in primissima fase, ricordati che i movimenti che andrai a fare devono essere propedeutici alla vita quotidiana! Puoi farle anche se hai dolore, ma ricorda questo deve essere TOLLERABILE e non deve aumentare mentre li fai, in tal caso riduci ampiezza e velocità di movimento. Non esiste un numero preciso di ripetizioni per esercizio quando esegui la mobilità, effettua ogni esercizio fino a quando non senti sollievo, ti consiglio comunque di fare almeno 10 ripetizioni

Per approfondimenti sulle cause ti invito a leggere l’articolo precedente https://fisiolario.net/2021/10/25/dottore-ho-la-cervicale/

Buon lavoro!

“Dottore ho la cervicale!!!”

Per fortuna mio caro che hai la cervicale! Altrimenti non si spiegherebbe come la tua testa possa essere sorretta adeguatamente e si possano eseguire i movimenti del capo. La cervicale è quella parte del rachide (o colonna vertebrale) che comprende le prime 7 vertebre, ovvero quelle relative alla regione del collo.

Detto questo, quando si ha una sintomatologia dolorosa in questa zona che può evocare anche sintomi quali emicrania, nausea fino alle vertigini si sente comunemente parlare di “cervicale“, ma il termine preciso per indicare questo stato è “CERVICALGIA“. Quindi, dottore ho la cervicalgia!

Il termine cervicalgia è comunque molto generico, letteralmente significa “dolore in zona cervicale”, ma il quadro sintomatologico può essere molto differente. Spesso il dolore può riguardare solamente il collo e le spalle, avvertendo una sensazione di rigidità e difficoltà ai movimenti del capo, a causa del dolore, senza avvertire nessun altro sintomo. In certi casi, quando la tensione aumenta si possono avere sintomi quali emicrania, nausea e vertigini che possono rendere la quotidianità del paziente davvero difficile, mentre altri casi il dolore si irradia alle braccia, in questo caso si tratta di “cervicobrachialgia“. In questi ultimi due casi potrebbe essere utile il parere di un medico prima di procedere con un trattamento, in ogni caso il fisioterapista possiede gli strumenti per inviare dal medico un paziente quando il quadro lo richiede.

Per quanto riguarda le “vertigini” il discorso è molto complesso e articolato, spesso vengono imputate solamente alle problematiche cervicali o vestibolari, la realtà è sicuramente più complicata e meriterebbe un capitolo a parte, in quanto le vertigini sono una sensazione indotta dal cervello, che si manifesta nel momento in cui le informazioni che arrivano in corteccia cerebrale non sono allineate, informazioni di tipo visivo, vestibolare e propriocettivo-cervicale (salvo problematiche più gravi). Sarebbe quindi riduttivo imputarle ad un’unica causa, nella maggioranza dei casi.

CAUSE

Devo dire che forse mai come questo periodo mi stanno capitando casi di cervicalgia, come mai, quali sono le cause?

Partendo dal presupposto che ogni paziente va valutato in maniera soggettiva, proviamo a parlare delle possibile cause, anche legate alla stagionalità degli episodi. Solitamente l’autunno e la primavera, sono le due stagioni predilette, quindi non ti preoccupare se ne stai soffrendo anche tu ora, sei in buona compagnia! La causa potrebbe essere non tanto legata al freddo, come spesso si crede, quanto più ai repentini cambi di pressione atmosferica, in quanto le articolazioni devono, all’interno mantenere una determinata pressione, dipendente da quella esterna, quindi quanto più quella atmosferica varia, tanto più le articolazioni vanno in difficoltà, e normalmente le stagioni meno favorevoli, da questo punto di vista, sono proprio queste.

Inoltre la regione cervicale, è in particolare una zona che risente molto delle tensioni psico-emotive, ed aggiungerei sociali-lavorative, molto più di altre zone, probabilmente a causa della muscolatura respiratoria accessoria (come scaleni e trapezio) che interviene nei momenti di maggior stress, portandoci nella classica posizione di chiusura con le spalle sollevate. La questione è molto più complessa, e riguarda anche fattori ormonali, qualità del sonno, dell’alimentazione e dello stile di vita in genere. Infatti in molte persone, la salute di questa zona va di pari passo con tutti questi aspetti.

Ultimo, ma solo sull’elenco, l’aspetto posturale. Già in altri articoli abbiamo ribadito il concetto che la postura ideale non esiste, semmai il problema maggiore riguarda l’assenza di movimento, che causa il mantenimento della stessa postura con carichi statici sul rachide, che a lungo andare può dare dolore e difficoltà/paura di muoversi e la cervicale è forse la regione del corpo che soffre di può di questa situazione, in particolare in chi lavora al PC. Stiamo parlando della zona del rachide in assoluto più mobile, e più “economica” da muovere (si fa meno fatica!). Questo ci suggerisce che la dobbiamo muovere, e che per forza di cose mal tollera il rimanere immobile di fronte a un monitor 8 ore (e più) al giorno. La stragrande maggioranza di pazienti che ne soffre infatti fa lavoro di ufficio, che per forza di cose tendono a muoverla poco, con il rischio che si crei un circolo vizioso: POCO MOVIMENTO – DOLORE – ANCOR MENO MOVIMENTO – PIU’ DOLORE.

Non son entrato nel merito delle cause traumatiche, che sono più intuitive, e piuttosto comuni soprattutto nei tamponamenti, con il classico “colpo di frusta”

SOLUZIONI

Normalmente l’ESERCIZIO TERAPEUTICO è la principale soluzione che i fisioterapisti più aggiornati propongono per le sintomatologie dolorose. Anche in questo caso è una buona soluzione, ma spesso non è sufficiente, o quanto meno può essere meno efficacie rispetto ad altre problematiche. Fondamentale è l’EDUCAZIONE, ovvero quali soluzione adoperare nella vita quotidiana, e in particolare nei luoghi di lavoro (set operativo, routine di movimenti da eseguire, posture prolungate da evitare, cambi di posizione, etc) come anche la TERAPIA MANUALE, che può prevedere delle manipolazioni vertebrali HVLA, ovvero High Velocity Low Amplitude (esatto, proprio quelle che ti terrorizzano…ma non ti preoccupare le manipolazioni vengono eseguite solo in sicurezza, con consenso del paziente e non sono per forza necessarie), tecniche di rilascio muscolare e massaggio miofasciale, in particolare dei muscoli suboccipitali (quelli appena sotto l’occipite, dolorosi ma piacevoli da toccare) e diverse altre tecniche. Ovviamente uno stile di vita attivo rende la guarigione più semplice, l’OMS raccomanda tra i 150-300 minuti di attività fisica ad intensità moderata a settimana (corsa lenta/camminata veloce, cyclette etc) oppure tra i 75 e i 150 di attività fisica ad alta intensità (fonte epicentro: https://www.epicentro.iss.it/attivita_fisica/linee-guida-oms-2020 ). La giusta attività fisica si può fare anche quando si soffre di cervicalgia, il fisioterapista (meglio ancora se anche preparatore atletico) sarà in grado di suggerirti come proseguirla. Infine da non sottovalutare l’aspetto piscologico, 15 minuti al giorno di meditazione possono essere un buon aiuto, in particolare se abbinati a respirazione diaframmatica, ma se il quadro psicologico è complesso lo PSICOTERAPUETA può essere un valido aiuto (questo articolo può esserti d’aiuto: https://fisiolario.net/2018/10/27/psicosomatica-piscologia-psicoterapia/comment-page-1/#comment-7 ).

Un consiglio: vacci piano con lo Stretching, soprattutto in fase acuta, se un muscolo (in particolare del collo) è contratto, spesso ha un motivo per esserlo, prediligi la mobilizzazione attiva e un blando rinforzo muscolare (puoi trovare qualche esempio di esercizio qui: https://fisiolario.net/2021/02/20/esercizi-da-fare-in-smart-working/ ).

Ricorda che problematiche e dolori che si prolungano per oltre un mese possono cronicizzare, prima si intraprende un percorso e più alte sono le probabilità di successo.

Se hai domande contattaci pure via mail a fisiolario@gmail.com !

ESERCIZI DA FARE IN SMART WORKING

Di seguito vi riporterò una sequenza di esercizi ideale di fare a casa che non hanno assolutamente la pretesa di sostituire l’attività fisica che rimane la cura più potente contro la sedentarietà. Piuttosto si tratta di una routine di movimenti eseguibili da chiunque comodamente a casa, poco faticosi, che danno articolazione per articolazione la quantità di movimento minimo indispensabile per mantenerne la mobilità e riallenare il sistema nervoso centrale all’esecuzione di gesti in un range articolare più ampio rispetto a quello che manteniamo in uno stile di vita sedentario o in uno stile di vita nel quale tendiamo a ripetere sempre i medesimi gesti. Dei vantaggi di questo tipo di esercizi ne ho discusso ampiamente nel precedente articolo: https://fisiolario.net/2021/02/13/smart-working-come-contrastare-la-nuova-ondata-di-sedentarieta/

Gli esercizi sono molti, non è necessario farli tutti, soprattutto se non hai molto tempo a disposizione, ovviamente più ne farai più ne trarrai vantaggio. Sono suddivisi per distretti corporei, in modo che potrai effettuare gli esercizi dei distretti dove più senti la necessità di muoverti. La sequenza è anche un ottimo riscaldamento muscolare da fare prima di fare sport, in questo caso esegui meno ripetizioni ma più veloci, e salta velocemente da un esercizio all’altro, in questo modo potresti completare l’intera sequenza anche in meno di 10 minuti.

Ho provato a spiegare nel dettaglio i movimenti, in modo che tu possa eseguirli, presto posterò comunque il video per far vedere l’esecuzione.

Regole per eseguire gli esercizi in sicurezza:

Esegui i movimenti lentamente ma non troppo! Nella vita quotidiana all’occorrenza facciamo movimenti veloci, inizia i movimenti lentamente ma non aver paura ad accelerare se non senti dolore!

Se hai dolore in determinati movimenti non è detto che non li puoi eseguire, ma limita l’escursione del movimento o falli più lentamente per avvertire meno dolore possibile, spesso è proprio l’esecuzione di movimenti che causando dolore la soluzione stessa al dolore, in quanto il nostro sistema centrale può per diversi motivi valutare pericoloso un determinato movimento e far avvertire più dolore del dovuto, ma ripetendolo in sicurezza può diventare indolore. Per approfondire questo discorso potrebbe essere utile parlarne prima con un professionista

Il numero di ripetizioni dell’esercizio è totalmente indicativo, se senti che il movimento sta diventando ancora più fluido puoi effettuare più ripetizioni in base al tempo che hai a disposizione! In esercizi così leggeri il rischio di sovraccaricare è veramente basso.

RACHIDE CERVICALE: Regole

• Esegui gli esercizi da seduto, con la schiena appoggiata ad uno schienale o su uno sgabello

• Mantieni le altre curve del rachide neutre

• Tieni le spalle rilassate

RACHIDE CERVICALE: Esercizi

• Rotazioni: Ruota la testa come se volessi guardare a destra e sinistra, fermandoti sempre un momento dalla posizione neutra. Per fare un movimento più pulito immagina di ruotare attorno a un asse passante per il centro della testa. X 10

• Inclinazioni laterali: Inclina lateralmente la testa senza ruotarla, immagina di dover avvicinare l’orecchio alla spalla senza sollevare la spalla, per farlo potrebbe aiutarti guardare un punto fisso di fronte a te, poi ritorna in posizione di partenza ed esegui dall’altro lato. X 10

• Flesso estensione: Estendo il collo andando a guardare alto/dietro e lo fletto andando ad avvicinare il mento allo sterno, ripeto. X 10

• Anteposizione e retroposizione del capo: Allungo il capo in avanti e lo retraggo evitando di fletterlo ed estenderlo (il movimento del piccione o di Totò). X 10

RACHIDE DORSALE: Regole

• Gli esercizi si eseguono da seduto con la schiena libera, quindi sgabello, panca o su una sedia ma in questo caso si sta seduti sulla punta.

• Gli esercizi saranno combinati con la respirazione, data la presenza della cassa toracica a livello di questo tratto

RACHIDE DORSALE: Esercizi

• Mani dietro la nuca, gomiti in fuori, estendo il rachide dorsale avvicinando le scapole ed aprendo i gomiti portando dentro l’aria, poi fletto il rachide dorsale allontanando le scapole chiudendo i gomiti verso lo sterno e flettendo il capo. X 10

• Mani dietro la schiena, durante l’inspirazione avvicino le scapole e estendo anche il collo (guardo in alto) e quando butto fuori l’aria rilasso scapole e spalle e fletto capo e torace. X 10

• Seduto con schiena eretta, prendo con una mano l’altra mano e le porto sopra il capo, coi gomiti semiflessi, disegno dei cerchi sopra la testa (come se fosse l’aureola) in un senso e nell’altra. X 10

RACHIDE LOMBARE: Regole

• Gli esercizi si eseguono da seduto, senza schienale come gli esercizi toracici.

• Non ci sono controindicazioni, ma se soffri di sciatalgia, presta attenzione ai movimenti in modo da non scatenare la sintomatologia dolorosa irradiata

RACHIDE LOMBARE: Esercizi

• Esegui il movimento di antiversione e retroversione del bacino, inspirando durante l’antiversione ed espirando durante la retroversione; immagina di avere un asse passante per le anche e il bacino deve ruotare attorno a quest’asse, in questo modo il rachide lombare effettuerà l’estensione e la flessione. X 10

• Braccia lungo i fianchi distese, scivola lateralmente come se volessi andare a toccare a terra senza sollevare i glutei dalla sedia. X 10

• Braccia intrecciate sulle spalle, effettua delle torsioni di busto a destra e sinistra restando eretto con la schiena. X 10

• Seduto, immagina di disegnare un cerchio sotto il sedere e disegna il perimetro, in un senso e nell’altro. X 10

ARTI SUPERIORI: Regole

• Per gli arti superiori alterneremo esercizi da seduto e da in piedi

• Problematiche comuni per chi lavora molto al pc sono tendinopatie a livello della spalla ed epicondiliti, soprattutto dovute all’utilizzo del mouse per molto tempo

ARTI SUPERIORI: Esercizi

• Seduto con gli avambracci appoggiati ai braccioli, (se non hai i braccioli appoggia gli avambracci sulle cosce) con i palmi delle mani che guardano in basso, fletti e estendi i polsi, tenendo le dita rilassate. X 10

• Esegui lo stesso movimento ma con i palmi delle mani rivolti verso l’alto. X 10

• Stessa posizione, ma con gli avambracci in posizione neutra, ovvero con i pollici rivolti verso l’alto, esegui una deviazione radiale e ulnare, ovvero muovi il polso verso l’alto e verso il basso. X 10

• Seduto con le braccia rilassate lungo i fianchi, solleva le spalle avvicinandole alle orecchie, restando con le braccia lungo i fianchi, poi torna verso il basso accompagnando la discesa, senza lasciar cadere le braccia, e arrivato in posizione di partenza spingi verso il basso come se volessi allungarle verso il pavimento. X 10

• Stessa posizione effettua una circonduzione di spalle in avanti mantenendo le braccia lungo i fianchi (immagina di disegnare dei cerchi con la spalla, portando le scapole prima dietro, poi in alto, avanti, in basso e cosi via). X 10

• Effettua lo stesso movimento ma all’indietro. X 10

• In piedi, braccia protese con i palmi rivolti verso il basso, effettua degli slanci alternati portando un braccio in basso e l’altro in alto. X 10

• Braccia lungo i fianchi con palmi che guardano dietro, effettua delle spinte in dietro tornando sempre in posizione di partenza. X 10

• Braccia distese in alto con palmi che guardano avanti, effettuo delle spinte indietro tornando sempre in posizione di partenza. X 10

• Braccia aperte elevate a 90° rispetto il corpo coi palmi che guardano avanti, effettua delle spinte indietro tornando in posizione di partenza ogni volta. X 10

• In piedi, effettua delle circonduzioni con entrambe le braccia, a gomiti tesi, in senso orario e antiorario. X 10; X 10

• Fai lo stesso movimento ma sul piano frontale, immaginando di disegnare due cerchi di fronte a te a braccia tese, in un senso e nell’altro. X 10; X 10

ARTI INFERIORI: Regole

• Gli esercizi per gli arti inferiori sono più utili da in piedi, ricorda però che quando lavori da seduto è importante non restare fermo tutto il tempo con gli arti inferiori, perché la circolazione potrebbe risentirne, ricorda quindi di effettuare ogni 10-15 minuti dei semplici movimenti coi piedi come alzare ed abbassare le punte dei piedi, per mantenere ottimale la circolazione, e di alzarti almeno ogni 40 min! Ricorda che il carico sul rachide, in particolare sulle strutture passive è quasi il doppio da seduto rispetto che in piedi!

ARTI INFERIORI: Esercizi

• In piedi con la base d’appoggio larga almeno quanto le spalle, solleva un tallone restando con la punta appoggiata a terra, e disegna con dei cerchi con il tallone restando con la punta appoggiata e il ginocchio semiflesso, in un senso e nell’altro. X 10

• Mettiti di fronte al muro a 1 metro circa di distanza, con le mani appoggiate al muro, gomiti tesi e corpo teso ma inclinato in avanti, in modo da sentire tensione in zona polpacci, effettua delle spinte sulle punte, scendendo lentamente. X 10

• Avvicina i piedi e metti le mani sulle ginocchia, effettua delle circonduzioni di ginocchia tenendole vicine in un senso e nell’altro (immagina di disegnare un cerchio sul piano trasversale). X 10

• Corpo eretto, solleva una gamba tenendo il ginocchio semiflesso con la gamba rilassata, effettua degli slanci con la coscia avanti e indietro, restando fermo col busto. Se hai bisogno appoggiati ad una sedia per restare in equilibrio, poi esegui con l’altra gamba. X 10

• Stessa posizione, immagina di disegnare dei cerchi verso l’esterno e poi verso l’interno con l’anca, restando col ginocchio semiflesso. X 10

• Esegui uno squat, ovvero un piegamento sulle ginocchia, stando attento che i talloni non si sollevino e che le ginocchia non si avvicinino durante la discesa, immagina di sederti ogni volta che lo esegui, una sedia dietro potrebbe esserti d’aiuto per eseguire bene il movimento. X 10

• Posizione ‘’cavalier servente’’, ovvero un ginocchio a terra (meglio se appoggiato su un cuscino), con la coscia in linea col tronco e l’altro arto flesso a 90° sia a livello del ginocchio che dell’anca. Busto eretto e mani dietro la schiena a livello dell’osso sacro. Effettua un affondo portando il bacino in avanti e estendendo il busto ulteriormente, poi torna in posizione di partenza. X 10

• Stessa posizione, apri e chiudi l’anca sollevando il margine interno del piede e poi l’esterno. X 10

• Stessa posizione, piede a terra, busto eretto, immagina di disegnare dei piedi col ginocchio che si trova davanti, muovendo l’anca, in un senso e nell’altro. X 10

ESERCIZI COMBINATI: Regole

• Questi esercizi sono esercizi di mobilità globale, servono per mobilizzare contemporaneamente più distretti, mobilizzandoli in diverse direzioni. Sono più complessi, ma l’obiettivo è quello di eseguirli in maniera più naturale possibile, per cui cerca di non restare rigido al fine di far bene il movimento, se rispetti le regole inziali non ci sarà nessun problema e ti muoverai più libero.

• Per mobilizzare anche la cervicale, consiglio di seguire il movimento delle mani con lo sguardo

ESERCIZI COMBINATI: Esercizi

• In piedi con piedi alla larghezza delle spalle, fletti la schiena in maniera naturale andando a toccare con le dita per terra (piega le ginocchia quanto ti serve per toccare, poi torna eretto e allunga le mani verso il soffitto. Esegui i passaggi tenendo le mani vicino al busto (immagina le mani fare un movimento in linea retta dal basso verso l’alto e dall’alto verso il basso). X 10

• In piedi, base larga inclinati su un lato a gambe tese, facendo scivolare il braccio omologo lungo la coscia mentre l’altra braccio si solleva verso la direzione in cui sto scendendo, torno in posizione iniziale ed eseguo sull’altro lato. X 10

• Stessa posizione braccia intrecciate, ruota tutto il corpo come se volessi andare a vedere cosa c’è dietro, restando però coi piedi ancorati per terra, da un lato e dall’altro. X 10

• Gambe leggermente divaricate, vai con le mani a toccare la punta di un piede (piega le ginocchia qunto serve) poi estendi busto e braccia sul lato opposto, come se volessi disegnare una diagonale verso il lato opposto alto e dietro. Eseguine 10 diagonali sullo stesso lato e poi 10 sull’altro.

• Stessa posizione, immagina di disegnare un cerchio davanti a te con le mani vicine e le braccia tese, utilizzando tutto il corpo per farlo più grande possibile, esegui un cerchio in un senso e uno nell’altro in modo che non ti giri la testa. X 10

Smart working: come contrastare la nuova “ondata di sedentarietà”

La maggior parte dei pazienti che si presenta in studio con problematiche legate soprattutto al
rachide fa un lavoro d’ufficio e ora con l’aumento dello smart working la situazione è peggiorata, probabilmente a causa di una maggior quantità di lavoro da seduto, e per la work station, meno confortevole rispetto a quella dell’ufficio; nell’immaginario comune nonostante si sa che la condizione sedentaria sia deleteria per la salute, si pensa ancora che sia abbiano maggior problemi muscoloscheletrici nei lavori cosiddetti “pesanti” (per esempio un muratore), ma la realtà dei fatti non è propriamente questa. Nei lavori pesanti i rischi sono legati al sovraccarico, ma al tempo stesso chi fa questo tipo di lavoro possiede “maggior capacità di carico” proprio perché il corpo risponde alle richieste che gli vengono sottoposte. È il principio di adattamento, che è lo stesso dell’allenamento, che induce una trasformazione dei tessuti e un miglioramento delle capacità condizionali. Questo ovviamente non esula chi fa un lavoro pesante dall’insorgenza di problematiche, proprio perché spesso i carichi a cui sono sottoposti sono troppo elevati, infatti le lesioni avvengono quando siamo sottoposti a carichi più alti rispetto alla nostra capacità di carico.
Inoltre, spesso sentiamo dire “oggi ho mal di schiena perché oggi sono stato troppo tempo in piedi” oppure “oggi ho mal di schiena perché sono stato troppo tempo seduto”; come mai due condizioni antitetiche producono lo stesso effetto? Con tutta probabilità i due mal di schiena sono differenti, nel primo caso potremmo avere dei dolori per sovraccarico delle strutture muscolari che hanno dovuto tenere la schiena eretta per molto tempo, ma nel secondo caso? Ancora oggi non è ben chiaro a tutti che quando siamo seduti il carico sulle strutture passive (legamenti, dischi intervertebrali e vertebre stesse) è più alto, e mantenuto per periodi troppo prolungati può essere deleterio. In immagine potete vedere in percentuale la quantità di carico rispetto al proprio peso.

L’immagine non ci deve far comunque spaventare, in realtà il rachide è una struttura molto più forte di quanti pensiamo, basti pensare che nei giovani i dischi intervertebrali hanno capacità di carico vicino agli 800 kg e nell’anziano scende ma non sotto i 400 kg (Kapandji); questo spiega perché atleti sono arrivati anche a sollevare da terra 500 kg. Quindi perché se resto seduto troppo tempo posso soffrire di mal di schiena o comunque avere dolori articolari? Il corpo sopporta molto bene i carichi, ma non sopporta altrettanto bene i carichi prolungati nella stessa posizione. Basti pensare a quando dormiamo, si è calcolato che anche nelle fasi di sonno profondo cambiamo posizione almeno ogni ora, questo proprio per cambiare le linee di carico e facilitare la circolazione dei liquidi. Proprio la circolazione è il motivo principale per il quale abbiamo bisogno di effettuare cambi posturali (sia di giorno che di notte) perché è il sangue che porta l’ossigeno ai tessuti, i quali senza ossigeno vanno in sofferenza (ipossia tissutale) e a lungo andare si possono lesionare. Siamo infatti una struttura altamente “instabile” nel senso che siamo provvisti di un numero molto alto di articolazioni che vanno continuamente stabilizzate dai muscoli per permettere i movimenti e facilitare la circolazione, in particolare il ritorno venoso (le vene a differenza delle arterie non hanno un tessuto muscolare abbastanza forte come nelle arterie) che va coadiuvato dalla contrazione muscolare per essere efficiente.
Questo sarebbe già sufficiente a spiegare l’importanza di dedicare un po’ di tempo a muoversi, ma se fosse così semplice potrebbe essere sufficiente passeggiare (il che già di per sé è un ottima cosa). Quando ci si muove poco o si fanno sempre gli stessi movimenti tendiamo a entrare in una “comfort zonelimitata, il nostro cervello quindi è in grado di governare ottimamente tali movimenti e nella quantità in cui siamo abituati a farli. E quando usciamo da questa zona? Se facciamo un movimento “nuovo” o al di fuori del nostro abituale ROM (Range Of Motion) questo sarà probabilmente meno coordinato e se reputato “pericoloso” dal nostro sistema centrale potremmo sentire del dolore. Questo perché non sentiamo dolore solo quando c’è un danno, ma anche e soprattutto quando registriamo la possibilità di avere un danno POTENZIALE, e quando il nostro sistema non lo registrerà più come tale non avvertiremo più la sensazione dolorifica. Questo quando avverrà? Quando espanderemo la nostra “comfort zone”, apprendendo movimenti nuovi, nel rispetto del dolore, ad un ampiezza, velocità e difficoltà via via maggiore.
Esistono quindi ragioni fisico-meccaniche e neurologiche per motivarci a dedicare anche solo 15-20 minuti al giorno per fare un programma di esercizi, oltre al fatto di ricordarci di variare spesso la postura (è consigliabile alzarsi dalla sedia per pochi minuti ogni 30’-40’), ma è importante anche dal punto di vista di controllo dello stress, poiché per quei 15-20 minuti la mia attenzione non sarà più rivolta a pensieri stressanti, ma semplicemente ai movimenti che andrò a fare, concedendo un momento di riposo alla mia psiche, fondamentale per il benessere psicofisico. Inoltre molti esercizi saranno coordinati con la respirazione, la quale merita a sua volte due parole.
Un’altra cosa che spesso ci dimentichiamo di fare durante la giornata è “RESPIRARE”. Ovviamente non in senso letterale, altrimenti non saremmo qui a parlarne, ma quanti di noi, che non si sono mai avvicinate alla meditazione, al pilates, alla mind fullness o allo yoga, si fermano durante la giornata esclusivamente per
respirare? Quando abbiamo un momento libero difficilmente abbiamo la consapevolezza di averlo, e cerchiamo di occupare il tempo magari guardando al cellulare i vari social network. Tutte le tecniche di rilassamento muscolare e psicologico hanno alla loro base la respirazione, in particolare quella profonda e diaframmatica. Pochi minuti al giorno possono dare un grande beneficio, per le stesse ragioni di “distacco” da tutti gli altri pensieri e per ragioni meccaniche che provo a spiegare. Il diaframma è il muscolo respiratorio principale, senza il quale non possiamo vivere, e l’unico che assieme al cuore lavora tutto il tempo da quando nasciamo fino alla fine. In situazione di riposo dovrebbe essere quasi l’unico motore della respirazione, mentre quella che viene definita “muscolatura respiratoria accessoria” o “secondaria” dovrebbe lavorare in minor parte, o comunque lavorare di più solo in situazioni di stress, in cui ho bisogno di un maggior apporto d’aria. Tra questi muscoli abbiamo il trapezio e gli scaleni, muscoli coinvolti in problematiche comuni come la cervicalgia. Siccome la vita moderna non prevede più grandi stress di breve durata seguiti da periodi di relax prolungati, ma piccoli grandi stress continui, spesso le persone respirano meno col diaframma e più con la muscolatura accessoria, creando un sovraccarico a livello delle spalle. Inoltre il diaframma è considerato un motore viscerale, in quanto la sua corretta contrazione va ad aumentare e abbassare continuamente la pressione addominale interna, facilitando le funzioni dei visceri nella cavità addominale (come la peristalsi) e favorendo la circolazione dei liquidi, in particolare il ritorno venoso. Per questo è importante imparare la respirazione diaframmatica e dedicare qualche minuto al giorno ad essa, quando si ha tempo o quando si ha la necessità (ad esempio quando si accusa un forte stress). (per approfondire vedi PSICOSOMATICA, DIAFRAMMA E PSICOLOGIA).

Movimento e respirazione sono dei farmaci potentissimi per il nostro benessere, ma hanno un solo difetto…sono gratuiti! 🙂

Nel prossimo articolo presenterò una routine di movimenti per tutti, che si possono eseguire da casa senza strumentazioni e anche se si soffre già di problematiche articolari, sia per alleviare i sintomi che per prevenirli

MUOVITI!

Stanco ma soddisfatto.

Non ho mai lavorato tanto come in quest’ultimo mese, iniziando al mattino e non mettendo mai piede in casa prima delle 20, lavorando spesso anche il sabato e la domenica per preparare la settimana successiva in maniera ottimale (qualche fisioterapista non troppo sano di mente come me si, studia le sedute per i propri pazienti anche una settimana prima), e mi ritengo, visti i tempi, molto fortunato. L’aumento della richiesta di aiuto è di certo dovuto alle conseguenze di questo secondo lockdown, ma una delle poche cose positive è che la richiesta non è più solo: “aiutami, ho male qui” ma sta diventando sempre di più “Aiutami a muovermi, così non posso andare avanti”. La sedentarietà è il problema più grande da quando la società si è civilizzata ed è probabilmente la più grande causa di malattie/dolori invalidanti in assoluto, che ci volesse un altro lockdown per capirlo, beh questo forse è meno positivo… La correlazione attività fisica – salute e sistema immunitario è palese, non esiste un farmaco al mondo più potente dell’attività fisica, migliaia di studi lo sostengono da anni, nella prevenzione delle malattie cardiovascolari e non sono (il “non solo” è troppo sottovalutato), eppure la prescrizione di “Esercizio fisico” come terapia non viene mai effettuata e la sofferenza fisica e mentale delle persone sta diventando sempre più evidente in questo periodo. Mi auguro infatti che le palestre e le piscine vengano aperte il prima possibile (con le dovute precauzioni); capisco benissimo la scelta del governo, ma i benefici dell’attività fisica sono troppo sottovalutati e ora stanno emergendo con forza, mi auguro che alla fine della pandemia non ci si dimentichi di questo. Infatti mando tutta la mia solidarietà ai colleghi di scienze motorie, baluardi della salute e del movimento, quasi costretti a non lavorare oggi dove il MOVIMENTO è ancor di più VITA.

Stretching o non stretching?

Storicamente lo stretching è un pilastro nella prevenzione degli infortuni e nella cura del dolore, ma negli ultimi 15 anni di ricerca molte delle nostre convinzioni sono state smentite.

Rispondiamo a un po’ di domande:

Cosa intende con “stretching”? La parola di per sé significa “stiramento, allungamento” dal verbo “to stretch“, un termine molto onomatopeico, ed effettivamente la pratica di stretching consiste nell’allungare il muscolo fino a sentirne la tensione, e di mantenere questa lunghezza per un determinato tempo; a cosa serve? Sicuramente lo stretching è un ottima metodica per aumentare la flessibilità, ma è l’unica metodica? No, anche con l’esercizio attivo si può migliorare; è la migliore? Forse si, almeno nel breve termine. Migliora il dolore? Non sempre; è utile nella prevenzione degli infortuni? Dagli studi sembrerebbe di no. Ora cerchiamo di rispondere nel dettaglio

Cosa succede precisamente quando “Stretchiamo”?

Non scenderemo nel tecnico, ma aumentando la distanza tra l’origine e l’inserzione del muscolo, mettiamo in tensione il muscolo stesso nelle sue componenti contrattili, ma anche i tendini e l’esoscheletro, strutture non contrattili ma elastiche. Pensate a quando avete in mano due sacchetti della spesa molto pesanti e state con le spalle rilassate, i trapezi si allungheranno, proprio come succede nello stretching, inizialmente non avvertirete una tensione eccessiva, ma dopo un po’ sentirete la tensione aumentare finché si trasformerà in dolore/sensazione spiacevole in corrispondente dei trapezi (superiori), nonostante non li stiate attivando, come se li aveste allenati portandoli allo sfinimento. Come mai succede questo? Solo per la tensione? Provate a immaginare il muscolo come una spugna pregna di sangue, quando stiro una spugna, questa si “svuota” e finché non la rilascio la spugna non si riempie di liquidi. Questo è quello che accade a livello muscolare, il sangue “scappa” dai muscoli (e dai tendini, che sono già poco vascolarizzati) creando un’ischemia locale, che di per sé non è un problema, anzi, quando di breve durata crea una sorta di “sete di ossigeno” che porta la zona a un maggior richiamo di sangue ossigenato, ma quando è di lunga durata non è positiva, creando sofferenza nell’ambiente muscolo, il quale risponde col dolore, inducendoci a interrompere l’allungamento/tensione.

Cosa succede alle componenti elastiche (come il tendine) presenti nel muscolo in un allungamento prolungato? Queste aumentano la loro plasticità, quindi con lo stretching aumentano la loro capacità di allungarsi, e questo fa si che la nostra flessibilità muscolare/articolare aumenti, ma al tempo stesso si riduce (temporaneamente) la loro capacità di ritorno elastico. Pensate ai comuni elastici da cucina, dopo un po’ che li utilizziamo tendono a “lasciarsi andare” proprio perché perdono le loro capacità elastiche, questo è quello che succede al nostro complesso muscolo quando facciamo degli allungamenti prolungati, ma a differenza di un composto inorganico quale l’elastico da cucina, dopo un po’ di tempo riacquistiamo la nostra elasticità.

Questo deve farci ragionare sull’efficacia dello stretching nel riscaldamento, è veramente utile perdere la forza di ritorno elastico a favore della plasticità? La risposta è dipende, dipende dal tipo di attività che andremo a fare, ma nelle comuni attività fisica di forza e resistenza non ha molto senso, in quanto è dimostrato che l’esplosività dei muscoli dopo stretching è ridotta fino al 30% e in uno sport di resistenza come la corsa, la perdita di elasticità muscolare renderebbe meno economico il gesto stesso della corsa, sfruttando meno la spinta dell’energia elastica che si accumula ogni passo. Bisogna però sottolineare che questo avviene solamente in stretching lunghi, con tenute superiori ai 40″, in uno stretching dinamico o comunque di breve durata non abbiamo questo effetto, inoltre è un effetto temporaneo, presto recupererò la mia elasticità. Mentre nelle discipline come la danza, dove ho bisogno di grande mobilità ovviamente ha senso fare un lavoro prolungato di stretching (dipenderà anche dal tipo di danza).

Conviene farlo? Se si quando?

Sicuramente visto quanto detto se dovessi consigliare quando farlo, consiglierei di farlo a fine seduta d’allenamento anziché all’inizio come spesso si fa; inoltre dei pazienti mi raccontano che vi dedicano intere sedute all’allungamento. Questo può avere senso da un punto di vista di rilassamento/mindfulness, perché è una pratica non faticosa e durante la quale posso esercitarmi con la respirazione diaframmatica, ma a meno che nella mia disciplina non abbia bisogno di una determinata mobilità, da un punto di vista di performance, salute e controllo del dolore non ha una grande utilità, e sarebbe meglio utilizzare quel tempo per effettuare esercizi attivi, certamente migliori per la salute, performance e allentamento del sistema nervoso centrale, in quanto l’esecuzione di attivi a livello di elaborazione dei segnali della corteccia è certamente più allenante rispetto a una terapia “passiva” come lo stretching (a meno che non si effettuino delle tecniche PNF).

Per quanto riguarda il dolore non ci sono evidenze particolari a favore dello stretching semplice, ma è anche vero che ci sono diversi tipi di stretching, e soggettivamente i risultati cambiano da persona a persona. Per cui il consiglio è se personalmente avvertite del beneficio potete continuare a farlo, ma in caso non apporti benefici è bene interrompere la pratica. I motivi per cui a qualcuno possa far bene e a qualcuno no sono da ricondurre a fattori soprattutto mentali-psicologici piuttosto che meccanici; molto probabilmente se reputiamo, a livello conscio o inconscio, lo stretching come la cura del nostro problema probabilmente ci aiuterà, almeno nel breve termine.

In conclusione, come tutte le terapie “passive” non dobbiamo né denigrarlo, né considerarlo come una cura miracolosa, può essere una componente del nostro allentamento, attività fisica, ma non deve essere la principale, perché seppur piacevole se vuoi avere dei risultati bisogna faticare, almeno un po’. Come si dice in inglese NO PAIN NO GAIN (pain lo tradurrei meglio come fatica, più che dolore, ma il concetto è piuttosto chiaro 🙂 )